Cesare Avenia: “Apriamo un percorso strutturale per lo smart working come modello per innovare l’economia su standard tecnologici e organizzativi più performanti, sostenibili, inclusivi”.
I risultati della ricerca Luiss Business School: per il 69% del campione lo smartworking ha rafforzato le pari opportunità, per il 66% è stato più efficace in termini di produttività lavorativa, mentre per il 28% i livelli di produttività sono calati, soprattutto per i liberi professionisti.
Roma, 15-7-2020 – “Esprimiamo profonda preoccupazione rispetto alla possibile scadenza al 31 luglio prossimo della procedura semplificata per il ricorso al lavoro agile. Riteniamo, infatti, che lo smart working non vada visto come un’opzione solo legata all’emergenza sanitaria, ma come una concreta opportunità di cambiamento innovativo per il nostro paese. Per questo motivo di fondo, ma anche per dare tempo alle imprese di pianificare le condizioni di prosecuzione delle attività produttive in un quadro certo, che consenta di contemperare le esigenze lavorative, organizzative e di tutela della salute, facciamo appello al Governo e alle istituzioni affinché considerino l’opportunità di confermare le semplificazioni normative non solo per tenere conto della necessità per le imprese e i lavoratori di avere il tempo di pianificare le condizioni di prosecuzione delle attività produttive in un quadro certo che consenta di contemperare le esigenze lavorative, organizzative e di tutela della salute, ma anche per aprire un percorso strutturale per l’implementazione dello smart working, indirizzato a innovare l’economia su standard organizzativi e tecnologici più elevati e performanti” - Così Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale, aprendo oggi i lavori del webinar organizzato insieme alla Luiss Business School sul tema “Leadership e gestione remota nella nuova impresa digitale” a cui sono intervenuti Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School, Laura Di Raimondo, direttore Assotelecomunicazioni-Asstel, Massimo Giordani, presidente “Associazione Italiana Sviluppo Marketing, Guelfo Tagliavini, consigliere Federmanager, Stefano Venturi, presidente Steering Committee Competenze e capitale umano Confindustria Digitale.
“Già l’allarme sui cambiamenti climatici aveva messo in evidenza che i modelli organizzativi tradizionali hanno elementi di grande rigidità con impatti insostenibili per l’ambiente – ha continuato Avenia - Con la pandemia abbiamo anche toccato con mano la necessità di andare verso sistemi flessibili, interconnessi, capaci di mettere in contatto diverse persone da diversi luoghi con piattaforme di accesso ai dati non legate a una specifica sede. Pensare di tornare alla normalità del prima, significa ignorare le difficoltà di crescita e innovazione che penalizzano da tempo il nostro paese e sottovalutare la lezione che l’emergenza ci ha impartito. Dobbiamo andare verso sistemi ibridi fra reale e virtuale: un percorso che va consolidato da una regolamentazione snella e sostenuto da un processo di sviluppo delle competenze a tutti i livelli della società”.
Durante il webinar sono stati presentati i risultati della ricerca, “Lo Smart working durante la pandemia Covid-19”, condotta da Luiss Business School che ha analizzato l’esperienza dello smart working vissuta durante il lockdown per verificarne l’impatto e le prospettive future.
Dalla ricerca, che ha visto il coinvolgimento di 451 professionisti con un’età media di 36 anni e di cui il 70% dichiara di essere un dipendente o un collaboratore, è emerso un quadro di luci e ombre.
Da un lato, la maggioranza assoluta (66%) ha trovato lo smart working efficace in termini di produttività lavorativa, riuscendo a svolgere da casa tutti i compiti assegnati, d’altro canto si è registrato un 28% del campione che ha riconosciuto di non aver mantenuto i livelli di produttività consueti, percentuale che sale al 38% per la categoria dei liberi professionisti. I partecipanti alla ricerca hanno evidenziato numerosi benefici legati allo smart working, anche legati al work-life balance: il maggior tempo dedicato alla famiglia primeggia infatti come beneficio più condiviso dell’esperienza di smartworking, seguito dal minor stress. Di converso, la mancanza di relazioni sociali è stata la conseguenza negativa più sentita, seguita dalla riduzione delle opportunità di avanzamento e di carriera.
Merita di essere evidenziato come il 69% del campione ritenga che lo smartworking possa giocare un ruolo favorevole al rafforzamento delle pari opportunità.
Su quali saranno le abitudini della “nuova normalità” e come andranno rimodulate le priorità, l’attuale trend di diffusione sembra avere una certa solidità: il 75% del campione si è dichiarato disponibile a continuare a lavorare in smartworking nell’era post-covid, per più giorni a settimana anche consecutivi, con una leggera flessione per le persone con nuclei familiari numerosi, con 3 e più figli. Contrariamente, il 20% del campione preferirebbe lavorare in smartworking 1 solo giorno a settimana, includendo buona parte di quanti non sono riusciti a svolgere tutte le loro attività ordinarie da remoto.
"La pandemia ha portato un'accelerazione che possiamo stimare di non meno di 5 anni in tutta una serie di processi che ora vanno consolidati, primo fra tutti lo smart working: per questo andranno ripensati i processi di organizzazione del lavoro e posta più enfasi sugli obiettivi e il loro conseguimento. Sicuramente non si dovrà tornare indietro, ma capitalizzare l'esperienza forzata che abbiamo vissuto per definire un lavoro smart sostenibile, produttivo e in grado di accompagnare la ripartenza del Paese", ha concluso Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School.